Siamo nel 120 avanti Cristo, il periodo della conquista del Sud della Gallia. Gneo Domizio Enobarbo, console romano, costruisce quella che di fatto è la strada più antica della Francia e le attribuisce il proprio nome. È la Via Domizia e serve a collegare la capitale al Sud della penisola iberica, ma anche a facilitare gli spostamenti da e per la nuova Provincia transalpina. Oltre, naturalmente, a permettere alle truppe di arrivare in fretta se mai ai nuovi abitanti dell’impero venisse voglia di fare qualche colpo di testa.
Il console non parte dal nulla: dove può, per disegnare il tracciato della ‘sua’ strada, segue i tratti già attestati dagli antichi geografi e le indicazioni ‘naturali’ suggerite dalla morfologia del territorio. Dal colle del Monginevro scende lungo le valli della Durance e del Calavon per poi raggiungere (e superare) il delta del Rodano.
Soldati, mercanti e pellegrini
Nata come militare, in breve tempo la Via Domizia diviene di uso pubblico e si rivela una delle strade più importanti e più battute dell’Impero romano: fino al Medio Evo passano di qui milizie, funzionari, mercanti, pellegrini e viandanti d’ogni sorta.
Che si spostino a piedi, a cavallo o con veicoli dotati di ruote e trainati da animali, i viaggiatori sanno di potersi fermare per la notte nelle mansiones (quelle che i francesi di oggi chiamerebbero gîtes d’étapes), distanti una dall’altra quanto il percorso che si può coprire in una giornata, circa una trentina di chilometri. A metà tra l’una e l’altra, invece, possono riposarsi e cambiare cavalli, muli e buoi nelle mutationes, per poi riprendere il cammino.
Dalle Alpi fino al Rodano, gli studiosi sono ormai riusciti a identificare la collocazione di tutte queste stazioni.
Itinerario a tema: sulle tracce di Enobarbo
Oggi, seguire in auto il percorso tracciato dagli antichi romani lungo la Via Domizia e ammirarne l’eredità è un modo interessante per visitare la Provenza anche al di fuori dei luoghi più battuti. E può rappresentare un picevole itinerario a tema.
Il punto di partenza è a 1858 metri di altitudine e coincide con quel colle del Monginevro che i romani chiamavano, a ragione. Summae Alpes. Scendendo verso valle e spostandosi verso Ovest, si incontrano via via Briançon (Brigantio), La Roche de Rame (Rama), Embrun (Eburodunum), Chorges (Caturigomagus), Gap (Vapincum), Monêtier-Allemont (Alabons), Sisteron (Segustero), Notre-Dame des Anges (a Lurs, nel domaine de Notre-Dame-d’Olon, già Alaunium), Céreste (Catuiacia), Apt (Apta Iulia), Notre-Dame de Lumières (Fines), Cavaillon (Cabellio), Glanum (vicino all’odierna Saint-Rémy de Provence) e Saint-Gabriel a Saint-Étienne-du-Grès (Ernaginum), ai piedi delle Alpilles.
A questo punto, le opzioni sono due. La prima è seguire il tracciato originario e raggiungere, sulle rive opposte del Rodano, prima Tarascona (Tarusco) e poi Beaucaire (Ugernum): fin qui, dal Monginevro sono 192 miglia, pari a 284 km. La seconda è percorrere la ‘variante’ realizzata da Augusto, che evita Tarascona e passa il fiume più a Sud, in direzione della romana Pons Aerarius (presumibilmente l’attuale Bellegarde) per poi raggiungere Arles (Arelate) e, quindi, Nîmes.
Noi ci fermiamo qui, considerando che la Provenza è ormai alle spalle. Ma a voi nulla vieta di proseguire sulle orme di Gneo Domizio Enobarbo attraverso la regione Occitania e oltre, fino alla Spagna. Fintanto che siete nell’antica Provincia romana, però, non perdetevi un piccolo gioiello in pietra: il Pont Julien, nella campagna di Apt.
Elisabetta Peracino