Un’altra Vita in Provenza, provenzofilia all’ennesima potenza
Molto più di un racconto in cui si intrecciano storie sullo sfondo della Provenza: un concentrato di provenzalità, pagine intrise di colori, aromi, sapori e art-de-vivre provenzali all’ennesima potenza. È Un’altra Vita in Provenza, di Silvia C. Turrin, giornalista e scrittrice.
Chi sceglie cosa leggere in base alla trama può “saltare” direttamente alle ultime parti di questo articolo. Noi, intanto, facciamo quattro chiacchiere con Silvia (che, tra l’altro, ha creato e cura lo spazio web dedicato alla Provenza provenzadascoprire.info).
- Silvia, quando e come è nata l’idea del tuo romanzo?
Circa tre anni fa, durante un viaggio di ritorno in Provenza, è scattato qualcosa. Inizialmente pensavo di scrivere una guida, poi i personaggi e le storie hanno cominciato ad emergere da soli: non sono più riuscita a fermarli.
- Che Provenza è quella che fai vivere in Un’altra Vita in Provenza? Esiste davvero?
Il villaggio di Bellevue, attorno al quale ruotano le vicende dei protagonisti, è un luogo d’invenzione, che racchiude in sé l’anima di tanti borghi della Provenza. Tanti altri luoghi sui quali il racconto si sofferma sono reali.
- Si può esplorare la Provenza seguendo i tuoi personaggi?
Il contesto che fa da sfondo alle loro vicende è quello della Provenza Verde, la parte più interna del Var, una delle zone più autentiche e preservate della regione e, probabilmente, una delle meno conosciute da noi italiani: una quarantina di villaggi e il loro territorio danno vita a un vero e proprio mosaico naturale, ma anche culturale. Il Domaine du Vieux Chêne, dove è ambientato in gran parte il romanzo, è un luogo d’invenzione, ma l’ho voluto appunto inserire all’interno di quello spazio provenzale che si trova nell’alto Var, tra la Provenza Verde, le Basse Gole del Verdon e il Parco Naturale Regionale del Verdon.
Nel romanzo cito, ad esempio, il villaggio di Aups: qualificato come village de caractère, è rinomato per il suo mercato del tartufo. Non li nomino esplicitamente nel libro, ma posso suggerire ai vostri lettori di visitare, tra gli altri, Cotignac, borgo situato ai piedi di una falesia alta 500 metri, dove ci sono ancora le case troglodite. O, ancora, Entrecasteaux, che ha mantenuto intatto un fascino antico che ci riporta all’XI secolo, e ospita ogni anno un importante festival di musica da camera. La sensazione di quiete che si prova sulle rive del Lac de Quinson non ha stagioni. L’Abbazia di Le Thoronet, uno dei più importanti complessi architettonici cistercensi della Provenza [oggi gestito dal Centre des Monuments Nationaux ndr], si trova in una splendida vallata ricoperta da boschi di querce…
- In Un’altra Vita in Provenza citi anche altri luoghi legati alla spiritualità…
Sì, nel romanzo così come in Provenza si incontrano molti luoghi carichi di un’aura particolare. Il Priorato di Ganagobie, tra Mane e Lurs, arroccato sulla collina e circondato da un bosco. La grotta della Santa Maddalena e la basilica dedicata alla Santa a St-Maxime-la-Sainte-Baume: il trekking che dal Plan d’Aups porta alla grotta è un percorso tra faggi, betulle, querce e castagni.
Nel libro, attraverso il personaggio di Robert, ex monaco trappista, racconto ampiamente di Valsaintes: nell’abbazia e nei giardini aleggia un’atmosfera davvero suggestiva. Intorno a maggio, quando fioriscono le rose, è nel pieno del suo fulgore.
- E i tuoi coups de coeur provenzali, che non necessariamente stanno tutti nel romanzo?
Adoro la Camargue: uno dei miei percorsi preferiti è il tragitto che va dalle Saintes-Maries-de-la-Mer, appena sfiorata nel racconto, al faro della Gacholle [che si può percorrere anche in bicicletta, ndr].
Più vicino all’Italia, sono affascinata dall’entroterra della Costa Azzurra e dai suoi piccoli borghi, come Eze e Saint-Paul-de-Vence, da assaporare con lentezza per andare oltre l’inevitabile effetto cartolina.
Il microclima di Bormes-les-Mimosas e dei suoi dintorni, che fa fiorire le mimose già a fine dicembre-gennaio, regala distese gialle profumatissime da attraversare con l’unica preoccupazione di guardarsi attorno.
E le Alpilles, in primavera, si ricoprono dei fiori bianchi dei ciliegi.
- La natura entra con decisione sia nel romanzo sia nelle tue parole…
È parte di me, una parte che non posso e soprattutto non voglio contenere: tra i miei mille interessi, che la Provenza non fa che stimolare, sono guida di forest therapy. Credo che la natura abbia un ruolo nella vita di ciascuno di noi, e anche Un’altra Vita in Provenza è permeato di questo concetto.
La quercia che dà il nome al Domaine du Vieux-Chêne, il luogo attorno al quale gravita la maggior parte delle vicende narrate, è anch’essa un personaggio a tutti gli effetti.
- A proposito di personaggi, quanto c’è di Silvia nella protagonista Sofia?
Più che le vicende, di fantasia, anche se non mancano spunti e personaggi che si rifanno a esperienze e incontri reali, c’è il filo dei pensieri, il modo di affrontare le cose, il succedersi di sensazioni: l’iniziale senso dell’impermanenza dell’esistere, la tentazione di aggrapparsi a certezze che possono sgretolarsi da un momento all’altro, la diffidenza che lascia il posto alla progressiva apertura alle altre persone, la capacità appresa di cogliere e apprezzare il valore del momento presente…
- Possiamo leggere Un’altra Vita in Provenza come un viaggio “iniziatico”?
In qualche modo sì. Le vicende narrate, e in particolare il percorso della protagonista, accompagnano il lettore lungo un cammino esistenziale nel quale ognuno di noi si potrebbe identificare.
Nello stesso tempo, ho voluto esprimere anche un riferimento forte a un’attualità che va oltre la dimensione individuale e provenzale, e a problematiche della contemporaneità globale. Anche per questo diversi personaggi custodiscono nel loro passato dolori e traumi legati a situazioni reali facilmente riconoscibili.
- Altre due presenze costellano il romanzo, la musica e la cucina…
La passione per la musica, della quale mi sono occupata professionalmente scrivendone per diverse testate, mi ha permesso di tratteggiare una sorta di colonna sonora del racconto e di sottolineare momenti ai quali attribuisco un significato particolare.
Quanto alla cucina, fa parte dello spiritus loci: Provenza e cucina sono unite da un legame inscindibile e sarebbe iniquo pensare di amare la prima senza aver provato la seconda. Personalmente, ho sperimentato tutte le ricette menzionate nel testo di Un’altra Vita in Provenza, tranne la tarte tropezienne: non vorrei restare delusa dal risultato, visto che amo moltissimo questo dolce.
Di che cosa parla Un’altra Vita in Provenza
In una fase della sua vita dominata da incertezze economiche e flessibilità, Sofia, la protagonista di Un’altra Vita in Provenza, sente di camminare su un filo sospeso, come una funambola. La morte di nonna Josephine, alla quale era fortemente legata, ha accentuato la sua insicurezza. Tutto le appare impermanente, anche a causa dei problemi sul lavoro.
In un quadro instabile, Sofia riceve una lettera ’inaspettata che le cambierà la vita. A firmarla, Odette, vecchia amica di Josephine, che la invita a raggiungerla in Provenza, nel piccolo borgo di Bellevue. In piena crisi esistenziale, Sofia decide di accettare l’invito. Così, la protagonista è finalmente a tu per tu con i luoghi che la nonna le aveva fatto conoscere attraverso ricette provenzali e libri d’arte dedicati a Van Gogh, Cézanne e Signac.
Tra campi di ulivi, vigneti, erbe aromatiche e varietà di frutta antica, Sofia impara a lavorare a contatto con la terra, grazie all’aiuto dell’ottuagenaria Odette e dei tanti amici che ruotano attorno al Domaine du Vieux Chêne, come il pastore Leon, di origini andaluse, e Pancho, intellettuale cileno tormentato dai fantasmi del suo passato. Sofia conosce Champa e Kesarbai, amiche inseparabili, l’una indiana, l’altra pakistana; Robert, ex monaco trappista; poi ancora Marcel, il cacciatore proprietario della charcuterie del villaggio che subirà una profonda metamorfosi, e Giselle, l’eccentrica botanica di Avignone.
A Bellevue non manca nemmeno una figura piuttosto misteriosa, di cui nessuno sembra sapere niente, ma che tutti incrociano.
In questa storia aleggia un segreto, custodito da Odette. In Provenza, Sofia – che sarà accompagnata dalla dolcissima Lucy, cane pastore dei Pirenei – scoprirà nuovi tasselli della sua vita e capirà quanto sia importante seguire il cuore e il proprio istinto per trovare finalmente un po’ di serenità.
Un’altra Vita in Provenza è disponibile sul sito de il Giardino dei Libri, in versione cartacea (in omaggio Ricette provenzali) ed e-book (in omaggio Le Tisane di Nonna Josephine).