“Questo mese o il mese prossimo, che differenza fa?” Con questa affermazione Peter Mayle, scrittore inglese ‘espatriato’ in Provenza negli anni ‘80, esprime quanto lui stesso considera uno degli insegnamenti di questa terra e dei suoi abitanti: una concezione del tempo tutta particolare.
La descrive con grande efficacia nel suo riuscitissimo libro “Un anno in Provenza”.
Il tempo in Provenza è molto elastico: un petit quart d’heure significa prima o poi nella giornata; demain, prima o poi nella settimana; une quinzaine può voler dire tre settimane, due mesi o anche l’anno prossimo”. Poi c’è il "magico" avverbio normalement, una scappatoia variamente interpretabile che vale quanto una polizza assicurativa. Normalement significa se non piove, se l’automobile non si è scassata, se il cognato non ha chiesto in prestito la scatola dei ferri…
Il libro di Peter Mayle non è recente. La prima edizione uscì nel 1989 e da allora alla pubblicazione dell'edizione italiana del febbraio 2010 – come l’autore stesso racconta nell’introduzione – di copie “con gran sconcerto e soddisfazione da parte mia, ne sono state vendute sei milioni in quaranta lingue”. Quanti saranno diventati altri sette anni dopo?
Verrebbe da pensare che “Un anno in Provenza” abbia anche alimentato in misura consistente il mito della Provenza in Europa (e nel mondo). O che, come lo stesso Mayle scherzosamente sostiene gli venga rimproverato, abbia concorso alla sua… “rovina”. Il fatto che nel 2002 la Francia lo abbia nominato Cavaliere della Legion d’Onore lascia propendere per la prima ipotesi.
Né fiction né guida turistica
Un anno in Provenza risulta davvero una lettura piacevole. Non è un romanzo ambientato in Provenza, né tantomeno una guida turistica.
È invece la narrazione, scandita dallo scorrere delle stagioni, di una tenace operazione di trapianto di una famiglia inglese (insieme alle esilaranti vicende della ristrutturazione della loro casa) nel magico e insidioso mondo provenzale. Mese dopo mese, entriamo nell’habitat provenzale, accompagnati dalle bellissime descrizioni delle trasformazioni di una natura che, con qualsiasi clima e in ogni circostanza, dà sempre il meglio di sé. Cicale comprese.
Uno sguardo “straniero” sulla Provenza
Vari personaggi animano le vicende dei nuovi arrivati, lo scrittore e la moglie, dalla nebbiosa Londra in terra di Provenza. L’onnipresente e versatile Minicucci, l’ombroso e patriottico Massot, l’intraprendente Faustin sono solo alcuni dei soggetti che popolano la piccola galleria allestita da Mayle e che potrebbero rappresentare efficacemente alcuni caratteri locali.
Lo sguardo british dello scrittore risulta particolarmente adatto a percepire le peculiarità della gente e del posto, il loro sentire, le differenze culturali, le sfumature, i gusti. La descrizione delle loro passioni, in particolare il cibo, il vino, in una parola il buon vivere insieme a tutto ciò che fa ospitalità, è il filo conduttore del racconto. Il tutto condito da un sottile humor britannico che non lascia dubbi sulla genuinità dell’ amore per la nuova patria adottiva.
Chi ha letto “Un anno in Provenza”?
A questo punto, la curiosità è legittima: quanti dei tanti che hanno deciso di passare una vacanza in Provenza, di andarci e tornarci più volte per scoprire angoli sempre diversi, o addirittura di comprar casa da queste parti (gli Italiani sono tanti), lo hanno fatto dopo aver letto Peter Mayle? E voi?
Franca Grosso