Escludendo un trasloco della redazione abbinato a un corso accelerato di fotografia, abbiamo chiesto aiuto agli amici di Facebook. E abbiamo incontrato Gianni. Fotografo, provenzofilo e... lavandofilo. Non ve l’avevamo detto che inProvenza serve anche a incontrare nuovi amici?
Artista così così o fotografo comme il faut?
È quel che si è chiesto Gianni molti anni fa. “Fin da ragazzo l’arte mi affascinava, ero attratto dal ‘bello’. Mi sarebbe piaciuto saper disegnare, ma era davvero troppo difficile. Così ho preso una macchina in mano e ho cominciato a giocare con la fotografia”.
Gianni Ottonello vive a Masone, un paese tra le colline in provincia di Genova. È fotografo per passione, dopo esserlo stato – tra tanti altri mestieri – per lavoro. La ‘mano’ si vede, l’amore per le cose fatte bene anche.
La Provenza è dappertutto. Basta saperla cercare
Nel suo comune, Gianni è il responsabile legale del Museo Civico Andrea Tubino e l'anima dell'Associazione Amici del Museo di Masone: una realtà che, anche grazie al di lui amore per l’ottava arte, organizza dal 1997 la rassegna internazionale "Grandi fotografi a Masone". Da Gianni Berengo Gardin, presente alla pima edizione, a Fulvio Reuter, Gabriele Basilico, Giuliana Traverso, Franco Fontana, Chiara Samugheo e Mario de Biasi, per citarne alcuni, il settecentesco convento agostiniano che ospita il museo ha accolto i maestri della fotografia ed esposto le loro opere. A vent'anni dal primo appuntamento, proprio pochi giorni fa, Loly Pisano Marsano e Mario Vidor hanno presentato al pubblico le rispettive mostre - “Vegetali e carta diventano sculture” e “Preludio del tempo prima” - che resteranno aperte al pubblico fino a settembre.
Cosa c’entra con la Provenza? In apparenza nulla, e in effetti l'abbiamo presa un po' larga, visto anche che la collezione permanente del museo valorizza l’etnografia della Valle Stura e l’archeologia e la storia locali. Ma la Provenza, di riffa o di raffa, s’intrufola dappertutto: frugando nella seconda collezione permanente (sì, il Museo Tubino ne ha due!) si trova, negli spazi dedicati all'arte e alla simbologia del presepe, una crèche provençale di 150 anni fa.
Les rencontres d’Arles e la strada della lavanda
Ma torniamo a Gianni, alle sue immagini e alla strada che l’ha portato in Provenza.
I due estremi del percorso sono uno al di qua e l’altro al di là del confine. “Quando ero giovane, in provincia di Imperia la coltivazione della lavanda aveva una parte non piccola nell’economia locale. Andavo nei campi e scattavo all’impazzata, ubriaco di profumo e di colore”.
Con il passare degli anni questa tradizione si è persa, proprio mentre l’interesse di Gianni per la fotografia stava crescendo. “Fino a qualche tempo fa, in Italia la fotografia come forma artistica non aveva lo spazio che meritava. La Francia era molto più avanti”. E lui via, saltava in macchina e arrivava ad Arles, puntuale estate dopo estate all’appuntamento con Les rencontres e con i paesaggi della Camargue.
È così che ha scoperto Valensole e le sue distese lilla, deviando di pochi chilometri dal tragitto abituale. Ha cominciato a fermarsi e a premere l’otturatore.
Papaveri rossi
L’immagine che abbiamo scelto di mettere nella testata è un piccolo omaggio alla cortesia di Gianni, alla sua disponibilità a regalarci la ‘sua’ lavanda e a raccontarsi vincendo una timidezza che si sente perfino al telefono.
Quando il ghiaccio si è definitivamente rotto e la conversazione si è fatta più sciolta, ci ha detto che gli piace fotografare i paesaggi, la natura e le piccole forme di vita che accoglie, ma soprattutto… i papaveri. “Anche dalle nostre parti se ne vedono tanti. Li trovo bellissimi. Per me sono il simbolo del passaggio dalla primavera all’estate. E quel rosso è un colore che mi riempie di gioia”.
Non glielo abbiamo detto che Joseph Roth la pensava proprio come lui: lasciamo che lo scopra rileggendosi qui.