Quando gli angeli scesero in Provenza
Cielo blu. Caldo torrido. Strade e campi deserti. È la Provenza come la vedono gli angeli scesi dal cielo un giorno d’estate per visitare la regione.
Stupiti del fatto di non incontrare anima viva e di trovare le campagne in stato di abbandono, avviano le loro indagini. Da dove cominciare?
Il parroco lo dovrebbe sapere
Il parroco del villaggio deve per forza saperne qualcosa. Gli angeli entrano in chiesa e vi ritrovano lo stesso silenzio che fuori. Starà pregando, si dicono. Ma – sorpresa! – lo colgono in pieno riposino.
Lo svegliano e lo tempestano di domande: perché sta dormendo? Che fine ha fatto la gente del villaggio? Perché i campi sono abbandonati e nessuno li coltiva?
Ancora intontito dal sonno, il prete spiega come stanno le cose: in Provenza fa molto caldo, lavorare sotto il sole cocente è impossibile, ai provenzali non resta che starsene sotto l’ombra dei platani, dei fichi e degli ulivi a sonnecchiare. A sera, col fresco, si rimettono al lavoro.
Dio provvede
Lou souleù mi fa canta/Il sole mi fa cantare*
Delusi, gli angeli tornano in cielo per riferire al Padreterno le ragioni del loro scontento. E Dio provvede.
Crea la cicala e la spedisce in Provenza: nascosta tra i rami dei pini, con il suo canto stridente impedirà agli abitanti di addormentarsi in pieno giorno invece di faticare.
Cicale e siesta, è comunque Provenza
Solo molti anni più tardi – e dopo che Jean de La Fontaine avrà fatto del simpatico insetto l’incarnazione dell’ozio adattando per i suoi connazionali la favola di Esopo – la cicala e la siesta finiranno per essere entrambe simboli dell’art de vivre provenzale.
*Fréderic Mistral