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Adamo ed Eva, il magistrato dei limoni e altre curiosità sul limone di Mentone

Adamo ed Eva, il magistrato dei limoni e altre curiosità sul limone di Mentone

Dal frutto proibito della Bibbia agli affari del Principato di Monaco.

E se il frutto proibito non fosse stato una mela?

Sicuri che il "frutto proibito" del Giardino dell'Eden della Bibbia, che Eva mangiò e poi condivise con Adamo, fosse una mela? La Bibbia ebraica non specifica quale tipo di frutto mangiarono i due. "Quando la donna vide che l'albero era buono da mangiare e una delizia per gli occhi, e che l'albero era desiderabile come fonte di saggezza, prese del suo frutto e ne mangiò. Lo diede anche al marito ed egli ne mangiò" (Genesi 3:6, traduzione Jewish Publication Society su Sefaria.org).

Il frutto è descritto solo come "frutto dell'albero" e la parola ebraica usata è "peri", un termine generico per indicare il frutto sia nell'ebraico biblico che in quello moderno, mentre la parola ebraica moderna che indica la mela, "tapuach", non compare da nessuna parte né nella Genesi e in tutti i primi cinque libri della Bibbia ebraica.

Tra le diverse ipotesi avanzate dai rabbini che commentano la Bibbia ebraica nel Talmud e in altri scritti completati intorno al 500 d.C., l’ipotesi della mela non è proprio presa in considerazione. Trovano invece spazio (e comunque poco) il fico (nella Bibbia ebraica Adamo ed Eva, accortisi di essere nudi dopo aver mangiato dall'albero della conoscenza, ne usarono le foglie per coprirsi), il grano (la parola ebraica per grano, "chitah", è simile alla parola per peccato, "cheit"), l'uva, o il vino prodotto dall'uva, e una sorta di cedro, o "etrog" in ebraico: un frutto agrodolce simile al limone usato durante la festa autunnale ebraica di Sukkot.

Tintoretto, Adamo ed Eva © Gallerie dell'Accademia, Venezia

Dalla Bibbia alla Costa Azzurra, la leggenda del frutto d'oro

«Adamo ed Eva furono cacciati dal Paradiso. Se ne allontanarono il più possibile, vergognosi della loro colpa e contriti della loro punizione, senza pensare di prendere qualcosa tra le meraviglie che dovevano lasciare.

Meno pentita o meno afflitta di Adamo, Eva si guardò avanti e indietro con invidia. Con mano agile colse un bel limone che era vicino alla sua mano destra. Se si crede a questa leggenda, Eva nascose il limone nel suo grembiule! Appena varcata la porta del Paradiso, Eva esclamò: "Darò questo frutto al paese più bello che vedrò sulla terra!"

Adamo ed Eva vagarono a lungo senza che Eva decidesse di sbarazzarsi del limone rubato. Poi arrivarono entrambi a Mentone. Alla vista di questo fortunato paese provarono un tale incanto che Eva, nella sua estasi, lanciò senza esitazione il frutto divino su un terrazzamento vicino.

"Andate", disse, "prosperate e moltiplicatevi, fate di questo luogo un Paradiso, e che la gente che vi rimane possa trovare di età in età qualcosa dei sapori e delle benedizioni dell'Eden!"».

A quanto pare gli abitanti di Mentone, orgogliosi dei loro frutti d’oro, hanno creato una leggenda che è stata ripresa da poeti e narratori locali. La versione che abbiamo proposto qui venne pubblicata nel 1884 da Adolphe Joanne, creatore delle guide che portano il suo nome, in "Station d'hiver de la Méditerranée" (edito da Hachette), e riportata molto più recentemente da Monaco Matin.

Le versioni in circolazione non differiscono molto le une dalle altre, ma alcune sono un po’ più precise: Eva sarebbe rimasta abbagliata dalla bellezza del paesaggio, dalla dolcezza del clima e dalla vegetazione lussureggiante vedendo il golfo di Garavan e il territorio alle sue spalle, rigoglioso, generoso e verde come il suo paradiso perduto. E qui, dove avrebbe sotterrato il suo frutto prezioso, sarebbe nato un piccolo paradiso poi chiamato Mentone!

Mentone, la coltivazione dei limoni

Dalla leggenda alla storia: il magistrato dei limoni

Le curiosità che gravitano attorno al limone di Mentone non sono solo frutto di invenzione: anche la storia ha fatto la sua parte.

Nel XV secolo, l'economia di Mentone e dei dintorni si basava principalmente sulla coltivazione di cereali, viti e fichi. Solo nei primi anni del secolo successivo questo tipo di coltivazione di origine medievale scomparve gradualmente a favore degli agrumi. L'avventura commerciale vera e propria iniziò nel XVII secolo, quando i principi di Monaco stabilirono un quadro giuridico e le terre agricole di Mentone divennero il centro dell'attività economica del Principato.

I principi di Monaco promulgarono allora diversi testi normativi e, va detto, la tassazione delle vendite di limoni fornì al Principe di Monaco ingenti risorse finanziarie.

In particolare, nel 1671, il principe Luigi I istituì il Magistrato dei Limoni sul modello già vigente a San Remo. La legislazione principesca era piuttosto favorevole ai piccoli proprietari, che venivano protetti dal possibile dominio dei grandi commercianti.

Il Magistrato dei Limoni era un consiglio di diciotto persone nominato dal principe, soggetto a un regolamento e dotato di ampi poteri: il consiglio aveva infatti il compito di ricevere gli ordini dai commercianti e poi di designare i luoghi in cui iniziare la raccolta dei limoni tra gli otto distretti del territorio (sempre dalla montagna verso il mare).

Il Magistrato doveva inoltre organizzare le vendite e stabilire i prezzi. I limoni vengono portati in ampi locali vicino alla costa dove riposavano prima di essere selezionati e classificati in base alle dimensioni con gli spetzin (strumenti di misura a forma di anello), e poi avvolti in carta catramata prodotta a Genova.

Per chi trasgrediva le regole, per chi vendeva limoni di cattiva qualità e per i ladri erano previste multe e sanzioni, punizioni corporali e persino la galera per i recidivi. Pene così dure da suscitare insistenti lamentele, tanto che, per placare gli animi, fu introdotta la punizione dell'"estrapade": il condannato veniva issato mani e piedi e poi lasciato cadere a terra, ripetendo l'operazione tante volte quante sarebbero servite a “bilanciare” le malefatte compiute!

Mentone, la raccolta dei limoni

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