Mistral, il maestro dei venti
Del mistral, il vento che sferza la Provenza con raffiche di oltre 100 km/h infilandosi per la valle del Rodano giù giù fino alla Camargue, si dicono molte cose. Che è il maestro dei venti. Che se comincia il sabato non dura fino al lunedì. Che soffia per tre, sei o nove giorni consecutivi. Che fa impazzire. Che è uno dei tre flagelli della Provenza, insieme alla Durance (un fiume) e al Parlamento. E si racconta una storia.
Quando il mistral finì prigioniero
Il mistral, si narra, sorgeva dalle paludi del Vivarais, antica provincia del Languedoc. Qui, uscendo da un’enorme arcata tra le rocce traforate, prendeva vigore e cominciava a far risuonare il suo ringhio minaccioso. Gli abitanti dei luoghi vicini erano terrorizzati dai suoi accessi di collera: avrebbe potuto spazzare via le loro case, distruggere i raccolti, sollevare i bambini...
Un giorno, mentre il mistral dormiva, i contadini dei villaggi circostanti decisero che era arrivato il momento di imprigionarlo, in modo che non potesse più seminare il terrore.
Per farlo, inchiodarono sopra ai fori del suo rifugio delle robuste assi di legno. Assi speciali, preparate da lungo tempo a questo scopo, ricavate dai tronchi di ulivi vecchi di cent’anni, levigate e lavorate a bella posta dai falegnami perché fossero spesse e resistenti, a prova di mistral.
E così avvenne: quando si risvegliò, ritrovandosi prigioniero, il vento si mise a soffiare con tutta la sua forza, ma le tavole rimasero salde al loro posto.
La maledizione del mistral
Il mistral era furioso e lanciò la sua minaccia. “Quando riuscirò a liberarmi”, disse, “sradicherò tutto quello che troverò sul mio passaggio: le tegole, gli alberi, le recinzioni... Non resterà niente”. “Ragione di più per impedirti di uscire”, risposero i contadini.
“Io vi maledico”, ribatté il mistral: “che tutto sia desolazione, che le vostre terre siano infestate dalle zanzare, che l’acqua sia putrida e le vostre case sporche. Che la febbre faccia morire i vostri figli e i vostri vecchi. Così rimpiangerete ciò che avete fatto”.
Venne l’estate e una calura insopportabile si abbatté sulla Provenza. Presto si manifestarono i segni premonitori di un’epidemia. Odori tremendi invasero le strade dei villaggi, insetti aggressivi punsero la pelle delicata dei bambini e quella rugosa degli anziani. Pareva che tutti i mali del mondo si concentrassero sulla Provenza.
Il vento venne a più miti consigli
Gli abitanti pensarono di liberare il vento, riconoscendo che il suo passaggio era benefico: asciugava le terre madide, dissipava le nuvole e le nebbie soffocanti, aiutava perfino a far maturare i frutti. Insomma, faceva bene alla natura.
“Se non lo liberiamo”, si dissero, “la peste colpirà le nostre greggi. Meglio patire il freddo, e che il vento strappi qualche ramo al suo passaggio, piuttosto che continuare in queste condizioni”.
Il mistral, avendo sentito più d’una di queste frasi, prese la parola. “Se mi lasciate uscire, prometto che non sradicherò i vostri alberi da frutto, non solleverò le tegole dei vostri tetti e non strapperò le recinzioni dei vostri giardini”.
Tutti restarono perplessi, ma alla fine decisero di liberare il vento.
Promesse da marinaio?
Appena vide un varco, il mistral s’infilò e corse fuori, dispiegando tutta la sua potenza. I contadini, ammutoliti e terrorizzati, non osavano dire una parola. Fu un bambino, invece, a rivolgersi al vento: “E la tua promessa, che fine ha fatto?”, protestò.
Il mistral scatenato si calmò all’istante. E improvvisamente si mise ad accarezzare gli alberi, a sfiorare le tegole, a fare il solletico agli steccati dei giardini.
Il trasloco del mistral
Presto, le miserie che avevano colpito quei poveri contadini rimasero solo un cattivo ricordo, così come questa storia. E il mistral se ne andò altrove, nella valle del Rodano, brontolando e grugnendo, verso le pianure del Sud.