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Lilamand, Nostradamus e la frutta candita

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Lilamand, Nostradamus e la frutta candita

La stanza di Pierre Lilamand, al primo piano di una vecchia conceria, affaccia sul cortile: all’ombra dei platani donne e uomini sbucciano, tagliano e modellano la frutta che finirà, candita, nelle cucine dei pasticceri di mezzo mondo e sulla tavola di natale di molti golosi.

Bello da vedere, buono da mangiare. È così che dev’essere un frutto candito per Pierre Lilamand, erede di una tradizione di maîtres confiseurs arrivata con lui alla quinta (e si spera non ultima) generazione. Lui, Pierre, è il tris-nipote di Marius, il primo pasticcere e produttore di frutta candita della famiglia. Ma gli ispiratori di questa storia dolcissima vengono da molto più lontano: “Gli antichi romani”, ci racconta Pierre, “immergevano la frutta nel miele perché si conservasse più a lungo. E nel 1555 Nostradamus, nel suo Trattato dei Condimenti e Conserve, scrisse la ricetta giusta per candire frutta e verdura”.

Da allora più di qualcosa è cambiato, ma nella Confiserie Lilamand (che nel 1903 il bisnonno Justin trasferì nell’ex conceria dove si trova tutt'ora) i gesti sono gli stessi da più di 150 anni. La frutta candita si fa ancora a mano: se nel processo industriale bastano cinque giorni per candire un melone, una clementina o una fragola, per avere un risultato all’altezza dei desideri del gusto e dell’olfatto di casa Lilamand ci vuole un mese. “Il tempo perché il frutto”, come dice Pierre, “arrivi al rendez-vous”.

Confiserie Lilamand - Meloni canditi

Frutta e zucchero: una ricetta semplice ma inimitabile

In teoria, candire la frutta è semplicissimo. Gli ingredienti sono solo due: zucchero e frutta. Ma che frutta! Si fa presto a dire fichi, se non sono violettes di Solliès o blanches petites marseilleises. Ananas? Imperiali di Guinea. E l’angelica, simile al rabarbaro nell’aspetto e ricca di virtù officinali, viene solo da Niort. Pierre va per orti e frutteti, stagione dopo stagione: sceglie le qualità e il livello di maturazione, convince gli agricoltori a riprendere la coltivazione di vecchie specie che non si trovano più. E quando proprio non ci riesce… fa da sé: l’anno scorso ha piantato 200 alberi per essere sicuro di avere abbastanza albicocche rosée de Provence per i prossimi anni.

Confiserie Lilamand - Frutta candita

Il paradiso dei sensi? In avenue Albert Schweitzer

Fino a una quindicina di anni fa, le prelibatezze della Confiserie Lilamand erano riservate ai professionisti e ai cultori della materia: maestri pasticceri di Francia, ma anche d’Inghilterra, Svizzera, Belgio, Spagna, Grecia e persino Taiwan. L’Italia ne conta due. Nel 2001 Pierre pensa di aprire un negozio in uno spazio della fabbrica perché anche noi comuni mortali possiamo avere accesso al regno della frutta candita. E nel 2013 arriva la seconda boutique, a L'Isle sur la Sorgue.

Così, anche se da qualche mese alcuni prodotti si possono comprare online sul sito della Confiserie Lilamand, oggi il paradiso dei sensi ha due indirizzi: 5 avenue Albert Schweitzer, Saint-Rémy de Provence, tel +33(0)490921108, e 13 rue de la République, L'Isle sur la Sorgue, tel. + 33 (0)4 90 92 13 45. E dal vivo, giuriamo, è tutta un’altra cosa.

Confiserie Lilamand - I colori della frutta candita

Calisson allo zenzero: gli esperimenti di Pierre Lilamand

Pierre, dal canto suo, lascia che a preparare le confezioni siano soprattutto mani femminili: “il terzo ingrediente della frutta candita è il savoir faire”, spiega, “e il savoir faire è lì”. Lui, quindi, si fa vedere poco in negozio: nelle retrovie, intuisce, prova, crea… E, se innovare un prodotto che si fa allo stesso modo da 150 anni lo porterebbe in odore di eresia, ne può sempre immaginare un altro.

I mini-calisson allo zenzero sono nati così, in un angolino remoto della testa di monsieur Lilamand, che ha pensato di sostituire lo zenzero al melone e all’arancia canditi della tradizione. “La difficoltà più grande è stata trovare l’equilibrio giusto perché anche il gusto della mandorla trovasse il suo spazio: modificare l’aroma senza tradire l’essenza di queste piccole losanghe”. Risultato? I dolcetti sono così buoni che in cinque anni gli è toccato raddoppiare la produzione.

Indovinate che cosa ci sta tenendo compagnia mentre scriviamo. Ne volete uno?