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I calisson di Aix-en-Provence: tenerezze per il palato

I calisson di Aix-en-Provence: tenerezze per il palato

Una deliziosa specialità pasticciera con più di 500 anni di storia.

Calisson, un “gran terzo” di passione

La dolcezza ad Aix-en-Provence è di casa. Non solo per il clima temperato, la sinuosità delle sue colline o la voce argentina delle fontane che allietano i viali ombreggiati, ma anche per una deliziosa specialità pasticciera: i calisson.

La loro storia è antica, pare risalgano, infatti, al 1454, quando Maurice Farine, pasticciere di Renato d’Angiò, duca di Provenza e sovrano di Napoli e Sicilia (anche se solo nominalmente), per celebrare le nozze del suo signore con Jeanne de Laval, nipote da parte di madre, del re Carlo VI di Francia, crea una nuova golosità fatta, come rivela lui stesso, “di un terzo di zucchero, un terzo di mandorle, un terzo di melone candito ed un gran terzo di passione”.

Sicuramente, le proporzioni da un punto di vista strettamente matematico lasciano qualche legittimo dubbio, ma rivelano, comunque, l’ardore tutto provenzale per la tavola e il senso della vita. Il loro stesso nome sarebbe legato indissolubilmente, come riporta la leggenda, alla reazione della sposa nel momento in cui porta alle labbra la ghiottoneria nuziale. Il suo viso austero e pare poco gradevole si sarebbe immediatamente aperto in un sorriso (da cui la forma a losanga del dolcetto), accompagnato dalla frase: “Di calin soun!” (Ce sont des câlins! Sono delle tenerezze!).

Renato d'Angiò - Crédit Musée d'Histoire de Marseille

Dolcini benedetti per sconfiggere la peste

Secondo altri, la motivazione etimologica avrebbe connessioni più tragiche e rimanderebbe alla devastante epidemia di peste del 1629-30, la stessa raccontata dal Manzoni, che si abbatte violentemente anche in Provenza, seminando morte ad Aix.

L’assessore Martelly, uno dei pochi del parlamento locale ad essere rimasto in città con il Prevosto del Capitolo Mimata ed il console Borilli, il 20 gennaio del 1630, alla grande messa domenicale, pronuncia il voto solenne di celebrare ogni anno una grande liturgia alla Vergine de la Seds, se liberati dal terribile flagello.

Aix riuscirà a sopravvivere all’epidemia e la cittadinanza, riconoscente, non dimenticherà la promessa fatta da Martelly. L’arcivescovo, così come racconta il frate cappuccino Bonaventure de Six-Fours nel manoscritto intitolato Festes d'Eglises et Coutumes de Missions en Provence, in quell’occasione celebrerà una messa solenne e si rivolgerà ai fedeli cantando «Venite Ad Calicem» (che i provenzali tradussero subito in “Venes toui i calissoun”) e distribuendo loro i dolcini a losanga benedetti.

Da qui il salto alla definizione onomastica è breve. Infatti, sempre secondo Frate Bonaventure de Six-Fours questi dolcini morbidi sono chiamati calisson proprio perché ottenuti con stampini a forma di calice (calissoun in provenzale).

Il legame storico-religioso con questa prelibata confiserie permane ancora oggi, a ricordo della promessa di Martelly, con la benedizione dei calisson che si svolge ogni anno, a seguito della grande messa celebrativa alla patrona della città, la prima domenica di settembre, con considerevole partecipazione di persone.

La danza macabra, spesso accostata al tema della peste

Calisson, ogni pasticcere ha il suo ingrediente segreto

Queste deliziose “gourmandises” attraversano i secoli e rendono Aix-en-Provence celebre in tutta la Francia.

I dolcini dalla forma caratteristica a navetta, a base di mandorle e melone candito, ricoperte da ghiaccia reale, riposano su una sottile sfoglia di ostia, anche se ogni pasticciere che si rispetti in città aggiunge il suo ingrediente segreto: chi prevede l’integrazione di arancia candita, chi ritiene indispensabile qualche mandorla amara, chi una punta di vaniglia o di scorza di limone.

Immancabile, poi, la presenza dei calisson in occasione del Natale poiché fa parte della tavola provenzale con i suoi “13 desserts”. È tradizione, infatti, arricchire il desco della vigilia con 13 prelibatezze dolci (il numero 13 rappresenterebbe simbolicamente Gesù Cristo e i 12 apostoli) da mangiare tutte in un rigoroso ordine: mandorle, fichi secchi, uvetta sultanina, noci o nocciole, torrone bianco, torrone scuro, calisson, frutta fresca (arance, clementine o mandarini), composta di mele cotogne, datteri, cioccolato, frutta candita, pompe à l’huile (focaccia dolce a base di olio d’oliva e acqua di fiori d’arancio).

Arancia candita

Il Museo del Calisson a Aix-en-Provence

La produzione dei calisson, ancora oggi, è rimasta artigianale e i nove maîtres-pâtissiers che si contendono il primato si riuniscono nell’UFCA (Union des Fabricants de Calissons) a difesa di quattro secoli di storia culturale e gastronomica.

In particolare, la Confiserie du Roy René, operante da cento anni, cura la gestione del Museo del Calisson che ripercorre l’evoluzione storica della produzione del dolcino provenzale, dal XIX secolo ai giorni nostri.

A 10 minuti dal centro di Aix, tra due ettari di mandorli, questo luogo sospeso nel tempo permette di rivivere profumi, sapori e tecniche antiche. I visitatori, attraverso un percorso gratuito, seguono il complesso processo che dalle mandorle conduce alla produzione dei calisson, giungendo a conoscere alcuni dei segreti che si nascondono dietro questa golosa istituzione provenzale.

Altrettanto evocativo è il mandorleto che circonda il museo, in cui trovano spazio circa 300 alberi appartenenti a 19 varietà provenzali diverse a cui fa da corona anche un giardino dedicato alle piante regionali e mediterranee.

Creato nel 2016, questo spazio verde in cui il mandorlo provenzale funge da sovrano è anche uno dei tanti esempi di sviluppo sostenibile. Attraverso la sua cura, infatti, si persegue non solo il chiaro intento di rilanciare il mandorlo locale quale simbolo di ricchezza ambientale ed economica, ma anche di diffondere la conoscenza della ricchezza vegetale provenzale che qui diventa oggetto di agricoltura biologica e agroecologia.

Mandorli in fiore