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Timo di Provenza: dove sia ciascun lo dice, quanto sia nessun lo sa

Timo di Provenza: dove sia ciascun lo dice, quanto sia nessun lo sa

Il timo di Provenza? Unico. Lo dice la Commissione europea.

Timo di Provenza: AOP e IGT

Poche foglie minuscole e il piatto cambia sapore. È il timo, una delle erbe più usate nella cucina provenzale. E presto sarà passato un anno da quando questa pianta aromatica che cresce in Provenza ha ottenuto due riconoscimenti che ne decretano le virtù e la specificità: il 19 febbraio 2018, infatti, la Commissione europea ha iscritto il timo di Provenza nei registri dei prodotti AOP (appellations d’origine contrôlée) e IGP (indications géographiques protégées).

A distinguere il timo di Provenza dal normale timo cosiddetto dolce sono le sue caratteristiche olfattive e gustative: un aroma e un gusto potenti e piccanti.

Dove si trova il timo di Provenza

Il timo di Provenza è il 142° prodotto francese ad aver ricevuto l’IGP: un riconoscimento nato nel 1992 per designare i prodotti agricoli e i generi alimentari le cui caratteristiche sono legate a doppio filo alla zona geografica di provenienza, cioè nella quale vengono (almeno) prodotti, trasformati e lavorati. Nella Regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra è in buona compagnia: godono del riconoscimento IGP anche il riso di Camargue, l’agnello di Sisteron, il farro di Alta Provenza e il miele di Provenza.

L’area riconosciuta come produttrice del timo di Provenza IGP fa capo a dipartimenti di diverse Regioni confinanti: nella Regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra comprende l’intero Vaucluse e alcune parti delle Alpi di Alta Provenza, Alte Alpi, Alpi Marittime, Bocche del Rodano e Var; limitrofi ma esterni ai confini regionali sono i dipartimenti dell’Ardèche e della Drôme.

L’incalcolabile timo di Provenza

Nell’intera area, nel 2013, l’Istituto nazionale dell’origine e della qualità (INAO) aveva censito la presenza di una cinquantina di produttori e riscontrato una produzione annua di circa 90 tonnellate.

Ma il timo di Provenza tende a sfuggire ai dati ufficiali: è molto più diffuso di quanto l’INAO abbia calcolato, se si considerano anche le piante selvatiche che crescono tra la vegetazione spontanea della zona e la consuetudine degli abitanti di far crescere qualche pianta nell’orto o in vaso per avere questo prezioso apportatore di sapore sempre a portata di mano.