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Una donna tagliata a pezzetti / fu trovata in una valigia

Una donna tagliata a pezzetti / fu trovata in una valigia

Una canzone, un omicidio e due ergastoli. Un fatto di cronaca nera sullo sfondo della stazione di Marsiglia.

Nel secolo scorso era piuttosto conosciuto un motivo composto da Corrado Costa, avvocato, poeta, saggista, rappresentante delle avanguardie letterarie del suo tempo e tra gli animatori della “Goliardia” di Reggio Emilia negli anni del primo dopoguerra.

Nella versione originaria, la canzone in questione si apriva con queste parole: “Qui si narra la tragica istoria / di una donna tagliata a pezzetti / con la testa staccata dal busto / oh che gusto, che gusto che c’è”.

Con successivi rimaneggiamenti, i primi due versi cambiarono e presto si attestò una nuova versione: “Una donna tagliata a pezzetti / fu trovata in una valigia”

Marsiglia, Gare Saint Charles, 6 agosto 1907

Il testo, sostenuto da un ritmo vivace e orecchiabile, raccontava con voluta irriverenza una storia “macabro-splatter” facilmente ricollegabile a più di un fatto di cronaca nera.

Se non fosse stata scritta una ventina d’anni dopo, ad esempio, la canzone sarebbe stata perfetta per commentare quanto avvenne, alla stazione Saint Charles di Marsiglia, la mattina del 6 agosto 1907.

Una coppia in abiti eleganti, scesa da un treno proveniente da Monte Carlo, aveva con sé una valigia dalla quale cominciò a colare sangue. Qualcuno se ne accorse, lo segnalò alla polizia e questa, una volta aperto il bagaglio, vi rinvenne i suddetti pezzi muliebri.

I protagonisti di una macabra storia

Nessuno dei protagonisti di questa macabra storia, sia detto, era marsigliese.

La “donna tagliata a pezzetti” rispondeva al nome di Emma Liven, ricca e corpulenta vedova danese uccisa dalla coppia a seguito di una lite: i due avrebbero ‘preso a prestito’ da lei una somma di denaro da giocare al casinò monegasco e non sarebbero poi stati in grado di restituirla.

E i criminali? Lui era Vere Thomas “St. Leger” Goold, irlandese di famiglia benestante e tennista di qualche talento e notorietà, visto che nel 1879 era arrivato a giocare la finale del torneo di Wimbledon. Chissà se, nel caso avesse vinto il match nel quale si vide invece battuto dal reverendo anglicano John Hartley, la sua strada e quella di Emma Liven si sarebbero ugualmente incrociate.

Ma la vera mente criminale era la francese Marie Violet, già due volte vedova, che Vere Thomas Goold aveva incontrato e sposato a Londra nel 1891. Amanti entrambi della bella vita ma ormai privi dei mezzi necessari per condurla, i coniugi vedevano assottigliarsi poco a poco la loro sempre più precaria fortuna: il coinvolgimento della Liven era stato il tentativo estremo di affidare alla sorte dei tavoli da gioco un riscatto ormai impossibile.

Come andò a finire

La vicenda Goold-Violet-Liven ebbe un epilogo fin troppo prevedibile. Entrambi i coniugi Goold furono condannati all’ergastolo. Marie, incarcerata, passò dietro le sbarre il resto della vita, fino alla morte sopravvenuta nel 1914.

A Vere sarebbe toccato scontare la pena sull’Isola del Diavolo, al largo della Guyana francese, ma vi resistette per un solo anno e si tolse la vita l’8 settembre 1909. Al tempo circolava la voce - ma qui la cronaca sconfina nella leggenda - che le sue spoglie fossero state date in pasto agli squali.